Dialettica

Dal libro: SPK – Aus der Krankheit eine Waffe machen
(SPK – Fare della malattia un’arma)

19.  Oggetto - Soggetto

Malattia:

Nel modo più immediato il bisogno di vita si manifesta nell’esperienza sensoriale delle restrizioni della vita e degli attacchi fatti alla vita, nella malattia come esser-ci nella realtà capitalista (in Krankheit als kapitalistischem Dasein) e, inscindibilmente legato alla sofferenza (Leidensdruck, pressione del dolore) che l’accompagna, nel bisogno di trasformazione, ossia nel bisogno di produzione. La malattia, se compresa come momento contraddittorio della vita, porta in sé il germe e l’energia della propria negazione, la volontà alla vita. Allo stesso tempo la malattia è inibizione, negazione della vita. Però, come negazione della vita la malattia non è solamente la negazione astratta del processo di vita, inteso in modo biologicamente isolato (cioè come fenomeno), bensì è simultaneamente ed essenzialmente insieme il prodotto e la negazione delle condizioni di "vita", cioè dei rapporti di produzione sociale dominanti. Come negazione determinata in questo modo, la malattia è nello stesso tempo la forza produttiva per eccellenza per cambiare queste condizioni di vita a cui "deve" la sua generazione. Ecco la funzione oggettiva della malattia, a cui ci riferiamo nel presente contesto.

Soggettivamente il malato si sente costretto dalla sua sofferenza di fare della sua esistenza e della sua vita l’oggetto della sua coscienza. A questo punto si chiarisce la funzione oggettivamente reazionaria dell’apparato sanitario, di tutte le sue istituzioni, in particolare del rapporto medico-paziente: l’isolamento del paziente viene rafforzato, mentre conformemente alla sua "aspettativa" la malattia gli viene tolta per essere amministrata e sfruttata (verwertet, trasformata in plusvalore). Il successo della "guarigione" si manifesta oggettivamente nella ricostruzione della capacità lavorativa del malato, ossia nella sua capacità funzionale per il processo sociale di produzione del Capitale, cioè nella sua "riabilitazione" al reinserimento in un processo ostile alla vita che sta generando la malattia.

Medico – Paziente:

Nella malattia e nel suo status di paziente il singolo malato sperimenta insistentemente e in modo focolare il suo ruolo di oggetto totale nel suo essere indifeso, isolato e privo di ogni diritto. La sua incapacità di agire gli diventa certezza sensoriale nel suo ‘bisogno’ di trattamento. Un compito essenziale del medico nella situazione terapeutica consiste nel determinare il rapporto medico – paziente continuamente e completamente attraverso il costitutivo del bisogno di trattamento del paziente. Così il medico agisce come agente dei rapporti sociali dominanti. La maniera in cui il rapporto medico – paziente così caratterizzato è ancorato e organizzato istituzionalmente garantisce, quindi, la soppressione permanente della protesta contenuta nella malattia quale il suo momento progressista e la materializzazione della protesta nella resistenza. Garantisce cioè la manutenzione del ruolo patogeno di oggetto negli stadi acuti della malattia. Ciò significa, dunque, che nel rapporto medico – paziente, che caratterizza tutto l’apparato sanitario, il Capitale e lo Stato mantengono e dispongono di uno strumento repressivo di primo grado. Negli stadi acuti della malattia e del ‘bisogno’ di trattamento lo Stato, avvalendosi dell’assenza di diritto insita nella ´natura` del rapporto medico – paziente, ricorre a ogni mezzo di soppressione di cui dispone contro i pazienti, sparandoli persino ancora con ‘pallottole vere’ (scharfe Munition). Il paziente non ha alcun diritto di controllare e di determinare l’uso o non, e tanto meno le modalità del suo trattamento, la cui base materiale egli stesso ha creato mediante il plusvalore, le imposte sul reddito e i contributi sociali. All’occorrenza egli viene indetto e posto sotto tutela, internato (in un manicomio) o assassinato mediante l’eutaNAZIa. La protesta contenuta nella malattia quale il suo momento progressista può venire a coscienza, articolarsi e manifestarsi sotto forma di resistenza solo nel superamento collettivo del ruolo di oggetto. Nel trattamento medico individualizzante e atomizzante ciò che viene rafforzato ‘in esecuzione degli ordini’ è soltanto il momento reazionario della malattia. Dall’altra parte, però, la protesta e la resistenza contro le condizioni della malattia nei rapporti sociali vengono favorite dall’aggravarsi dell’isolamento e dalla liberazione dell’energia vitale rinforzata negli stadi acuti della malattia (la febbre e la frequenza aumentata dei battiti del cuore, così come i cosiddetti atti di violenza dei cosiddetti malati mentali sono i segni percepibili di questo rafforzamento).

Singolo individuo (Einzelner) – Collettivo:

Nel rendere gli stessi rapporti oggettivi dai quali sono determinato (determinazione imposta dall’esterno, Fremdbestimmung), in un primo passo, come oggetto del mio pensiero concettuale, cioè esaminandoli e analizzandoli, mi realizzo in maniera embrionale come un soggetto; trasformandoli radicalmente divento soggetto. – Mentre individualmente il primo passo è appena possibile, il secondo è impossibile per il singolo (individuo).

Di conseguenza, il singolo individuo. in quanto individuo isolato, è condannato al ruolo di oggetto (singolarizzazione, Vereinzelung). Solamente la cooperazione solidale con altri permette il passaggio dall’ oggetto al soggetto. Ciò significa, quindi, che i numerosi oggetti isolati (singolarizzati) risultati dei rapporti sociali possono diventare soggetti solo nella pratica collettiva che si basa sulla cooperazione solidale.

Cooperando collettivamente gli individui isolati hanno trasformato per sé (fuer sich) i rapporti sociali di cui fanno parte. E ciò semplicemente in quanto essi, agendo come collettivo – e non più soltanto come individui isolati – sono parte (attiva) dei rapporti sociali. I singoli – singolarizzati come oggetti non sono che delle vittime indifese dei rapporti sociali; ma insieme, nel collettivo, essi diventano per il soggetto (di questi rapporti) - e ciò non è soltanto virtualmente possibile, ma si manifesta e si realizza anche in modo rudimentale, cioè efficacemente. In questa trasformazione dei rapporti sociali per è già presente il germe del loro cambiamento in sé (an sich).

Conclusione:

Da tutto ciò risulta: l’intensificazione e il raffinamento dei metodi di trattamento dei malati – mediante p.e. l’intensificazione dell’intervento medico nella comunità, la cosiddetta medicina sociale (psichiatria settoriale, l’Istituto per la Salute Mentale, ospedale senza suddivisone in classi, ecc.) che si basa sulla formazione, la tradizione e il controllo statale determinando in questo modo il rapporto medico-paziente o suoi varianti - oggettivamente non è altro che un’impresa pericolosa e nociva per i pazienti, e ogni riformismo che porta al suo miglioramento serve oggettivamente soltanto a stabilizzare i micidiali rapporti dominanti. Le relazioni interpersonali devono essere comprese sin dall’inizio come relazioni oggetto – oggetto, cioè come relazioni tra oggetti. Nel caso del rapporto medico – paziente, ad esempio, ciascuno dei due partner del rapporto è in modo specifico oggetto dello stesso soggetto, del Capitale. Il paziente come oggetto del medico, che soltanto in apparenza agisce come soggetto, pone la sua sofferenza e il suo bisogno di trasformazione conformemente a quanto è stato programmato nelle mani del medico, il quale, secondo la sua funzione oggettiva di agente del Capitale, diventa in questo modo l’amministratore della malattia. Nel "caso di successo" il medico produce per il paziente in forma della "salute" il cambio che apparentemente costui pare di desiderare, "liberandolo" dei suoi sintomi specifici: per ordine del Capitale egli produce forza di lavoro di nuovo sfruttabile.

L’obbiettivo di tutte le relazioni tra singoli individui consiste nel superamento del loro essere oggetto, nella pratica collettiva (movimento di liberazione sulla base della solidarietà) contro la forza ancora determinante del processo storico, che è il Capitale. Non si produce quindi il feticcio della "salute individuale" - ossia il ´riconoscimento` reciproco barattato in un commercio di simpatie - - bensì la solidarietà e il bisogno comune di trasformazione. La coscienza trasformata è nello stesso tempo premessa e risultato della pratica e della lotta politica; perché è soltanto nella lotta per il socialismo che è possibile l’auto-realizzazione.

 

20.  Il superamento del ruolo di oggetto nel collettivo

La presa di coscienza* è possibile e ha senso per gli uomini solamente a condizione che il soggetto conoscente trasformi l’oggetto del conoscimento. Ogni conoscenza trasformatrice è preceduta dalla certezza sensoriale (sinnliche Gewissheit) circa il ruolo di oggetto che tiene la coscienza riguardo all’essere, e circa il ruolo di oggetto che tiene l’individuo singolarizzato riguardo alla base materiale del suo essere sociale. L’inibizione, che il pensiero, la vitalità, la vita sperimentano negli stadi della certezza sensoriale, si manifesta nei sintomi della malattia: disturbi nello svolgimento del lavoro, depressioni, difficoltà sessuali, angosce, ecc.

*L’espressione presa di coscienza bisogna comprendere nel senso Hegeliano del termine (Erkenntnis) e non nel senso del linguaggio corrente.

Nel corso dell’elaborazione collettiva delle relazioni reali (effettivi) tra soggetto e oggetto, il ruolo di oggetto tenuto dall’´individuo isolato diventa a sua volta Gegenstand (Gegenstand, letteralmente: istanza opposta, oggetto), l’oggetto del processo della presa di coscienza e della trasformazione. Una volta il ruolo di oggetto della coscienza (Bewusstsein, l’essere conscio) in rapporto all’essere è stato compreso, questo ruolo viene superato nell’attività onto-trasformazionale della coscienza sviluppata, cioè della coscienza trasformatrice dell’essere. In ciò è stato raggiunta un livello qualitativo nuovo: il superamento (Aufhebung), che allo stesso tempo è negazione e affermazione sulla base più larga e lo spazio più ampio del singolo nel collettivo. Il collettivo costituisce oggettivamente e soggettivamente una nuova qualità: oggettivamente, in quanto ai rapporti di produzione capitalista si contrappone un contro-potere che li costringe a reagire in modo specifico; soggettivamente, in quanto le coscienze isolate, false, oppresse, mutilate e paralizzate vengono superate nel processo progressivo della nuova qualità della coscienza collettiva, della comunità delle coscienze, che nasce nella pratica collettiva cosciente. Nello scontro con il contro-potere del Capitale, il collettivo è sempre allo stesso tempo insieme l’oggetto e il soggetto del processo di trasformazione reciproca. La conoscenza del ruolo di oggetto del singolo nel processo capitalista di produzione e di sfruttamento (valorizzazione) è nello stesso tempo la forza motrice del superamento (di questo ruolo). Il livello della coscienza collettiva (risultato del lavoro collettivo) deve essere sviluppato, conquistato e difeso sempre di nuovo nel quotidiano processo di produzione e riproduzione del singolo individuo, così come nel lavoro di agitazione quotidiana all’interno di un collettivo in costante espansione. Il malato che entra nel collettivo non resta il malato singolarizzato che era al suo arrivo; l’obbiettivo della sua cooperazione non è neppure che egli esce dal collettivo come ‘essere guarito’ – come accade in un policlinico o uno studio medico oppure in qualsiasi organizzazione di carità – per essere abbandonato a se stesso, quanto prima come individuo isolato, indifeso e disarmato soggetto al principio di realtà della società capitalista patogena e ostile alla vita. Al contrario, nel collettivo ogni malato inizia il processo di oggettivazione della sua malattia; un processo che rivela lo sviluppo del collettivo come un tutt’uno nella sua totalità e che deve essere svolto e portato a termine da ogni singolo individuo:

Traduttore:

Kurd Ch. Schager, Dipl.-Angl., M.A.soc.ling. , PF/SPK MFE

Redazione finale:

Huber
KRANKHEIT IM RECHT